BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Nell’archivio Podda la memoria di Cagliari. (“La Nuova Sardegna”)

Nell’archivio Podda la memoria di Cagliari.

A cinque anni dalla scomparsa apre in municipio un’esposizione dedicata al giornalista e studioso di cinema

Di Gianni Fresu (“La Nuova Sardegna”, 30 aprile 2012)

 

 

A cinque anni dalla scomparsa di Giuseppe Podda, questa mostra costituisce la prima esposizione pubblica di parte del suo ricchissimo patrimonio fotografico riguardante aspetti di vita sociale, politica e culturale dell’isola e che, a partire dall’immediato dopoguerra, copre un arco temporale di mezzo secolo.

Il fondo “Giuseppe Podda” si compone di foto, documenti, manoscritti, lettere, giornali e riviste, materiali audio-visivi che spaziano dai grandi temi della politica  al teatro, dalle grandi vertenze sociali legate alla storia del movimento dei lavoratori alla musica e al cinema. Uno spaccato di società sarda di grande interesse storico e iconografico per il quale sarà avviato un lavoro di catalogazione e valorizzazione in grado di salvaguardarlo e favorirne la fruizione pubblica. La gran parte delle foto raccolte sono da lui realizzate, tuttavia, non essendosi ancora provveduto a una catalogazione scientifica, non è stato possibile distinguere con certezza le “sue” dalle altre foto da lui raccolte e archiviate. Questa mostra risente ovviamente di tale limite e di ciò ci scusiamo preventivamente con i visitatori, rinviando a un prossimo futuro un più accurato lavoro di presentazione, accompagnato da note e didascalie appropriate.

Giuseppe Podda, nella professione giornalistica come nell’impegno politico, amava integrare riflessioni e testimonianze scritte con corredi d’immagini da lui catturate. Quanti l’hanno conosciuto negli anni della sua attività lo ricordano ancora con l’immancabile macchina fotografica, intento a immortalare con medesimo interesse personalità di spicco, lotte sociali grandi manifestazioni, eventi, strade, mestieri e volti della città che tanto ha amato. Negli ultimi anni della sua vita nel vastissimo e dettagliatissimo archivio dei suoi ricordi, c’era posto non solo per i grandi nomi, quelli su cui si scrive la storia, ma anche e soprattutto per le persone più semplici (dal pescatore, all’operaia della Manifattura tabacchi, dal portuale al minatore, dal muratore al ferroviere), quelli che la storia la fanno quotidianamente, senza aspettarsi commenti e biografie. Un posto speciale era riservato ai militanti, ai compagni di lotte, uomini e donne capaci di impegnare le ferie per fare la festa e diffondere l’Unità, lavoratori tanto appassionati da utilizzare parte della sudatissima liquidazione per contribuire a costruire la Sezione o acquistare il ciclostile. Quando, nell’anonimato, uno di loro veniva a mancare Podda scovava subito dalle sue cartelle foto e aneddoti a testimonianza del loro impegno. Ne parlava con passione, con la stessa dignità che in genere si tributa a un alto dirigente o intellettuale e il più delle volte si stupiva, fino ad arrabbiarsi e chiudere bruscamente una discussione, quando scorgeva nell’interlocutore di turno atteggiamenti di sufficienza o disinteresse. Questa mostra, realizzata attraverso una selezione inevitabilmente arbitraria, intende essere un piccolo spaccato del mondo da lui vissuto, commentato e ricordato.

Antonio Gramsci, figura centrale nella formazione umana e intellettuale di Giuseppe Podda, nelle note dei Quaderni del carcere esortava a cogliere il valore inestimabile di ogni traccia di iniziativa autonoma da parte dei gruppi subalterni: «la storia dei gruppi sociali subalterni è necessariamente disgregata ed episodica, nella loro attività c’è la tendenza sia pure su piani provvisori all’unificazione, ma tale tendenza è continuamente spezzata dall’iniziativa dei gruppi dominanti». Proprio perché episodica e disgregata, questa storia lascia poche tracce di sé ed è molto più difficile da rinvenire rispetto a quella delle classi dirigenti. L’errore dell’intellettuale tradizionale per Gramsci consiste nella convinzione che si possa «sapere» senza sentire ed essere «appassionato», cioè credere che l’intellettuale possa essere tale rimanendo distinto e staccato dal «popolo-nazione», cioè senza sentire e comprendere le sue passioni elementari. L’«intellettuale puro», scriveva Gramsci, si accosta al popolo per «teorizzare» i suoi sentimenti non per comprenderli o porsi all’unisono con essi, l’intellettuale puro si china verso il popolo solo per costruire schemi scientifici, si rapporta al popolo come l’entomologo osserva un modo di insetti.

Ecco, Giuseppe Podda non è stato un intellettuale puro, ha sempre preferito «sapere» e «sentire», porsi all’unisono, in rapporto simpatetico, con un universo popolare dolosamente marginalizzato nella vita cittadina. Spostati come un pacco postale da un quartiere all’altro, per assecondare le “scelte strategiche di sviluppo urbanistico”, «i personaggi dolenti della Cagliari “marginale” palpitano di un’umanità straordinaria». Essi portano in dote, di generazione in generazione, un patrimonio storico e culturale di cui raramente hanno consapevolezza, e di cui pertanto evitano di fare sfoggio, ma in definitiva restano l’elemento permanente di una città che non muore:

“La Cagliari di un tempo, con le sue donne energicamente protese a tirar su unu carrasciu de fillusu, oggi ci appare molto lontana, ma se volgiamo lo sguardo verso le desolate periferie, sotto sotto sembra, per certi versi, continuare ancora” (Piccola città)

(Gianni Fresu)

 

Professore di Filosofia politica presso la Universidade Federal de Uberlândia (MG/Brasil), Dottore di ricerca in filosofia Università degli studi di Urbino. Ricercatore Università di Cagliari.