Cronache di un Golpe

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Ci sono tanti modi per realizzare un colpo di Stato, non necessariamente con l’uso di scarponi e marce militari. Che il PT abbia palesato molti limiti nella sua azione di governo, sbagliando e dimostrando poco coraggio, è fuori di dubbio, ma non è questo ciò di cui si discute ora, altrimenti i governi verrebbero rovesciati ogni anno. Il punto fondamentale è che sia l’offensiva contro Dilma Rousseff, con il goffo tentativo di impeachment per il quale manca qualsiasi fondamento giuridico, sia quella giudiziaria a Lula, sono parte di un attacco concentrico molteplice e articolato. E, come sappiamo, quando le prove mancano si costruiscono. Non c’è nulla di concreto sul piano giudiziario, però i media hanno (ad arte e preventivamente) creato un clima di odio che, sebbene principalmente rivolto al PT, si nutre di parole d’ordine anticomuniste e di avversione di classe verso qualsiasi ipotesi di politica sociale redistributiva. E’ in corso un’operazione per spostare economicamente, culturalmente, e nelle relazioni internazionali, il Paese a destra.  Così, il giudice Moro, protagonista delle azioni legali contro Dilma e Lula, anch’esse sotto molti aspetti procedurali eversive, non è una parte terza, al contrario, è una figura riconducibile al mondo della destra liberista, non casualmente già si fa il suo nome come candidato alle prossime presidenziali a capo di quel blocco sociale.

Ora il golpe-impeachment contro Dilma va verso il suo surreale finale: un parlamento, corrotto sino al midollo, mette in stato d’accusa il presidente legittimamente eletto appena due anni fa per una modulazione del bilancio sempre adottata dai suoi predecessori. A prescindere dal giudizio soggettivo sul governo disarcionato con la forza, resta una ferita alle regole democratiche minime, perpetrata scientemente grazie al ruolo non solo attivo ma militante dei principali media nazionali. Le tanto decantate norme procedurali e garanzie costituzionali, tipiche della retorica liberaldemocratica, evaporano. Quando si mobilitano gli apparati egemonici privati delle classi dominanti, contano solo i rapporti di forza (delegati) tra maggioranza e minoranza, anche se frutto di pratiche trasformistiche, effimere e prive di qualsiasi legittimazione popolare.

Superata anche l’ultima tappa di questa farsa, il governo, privo di qualsiasi legittimazione popolare e affermatosi brutalmente, violando norme e buon senso, procederà senza più alcun freno alla privatizzazione delle grandi risorse naturali nazionali. Acqua, petrolio e foreste sono nel mirino degli interessi economici speculativi che fanno il tifo per questo golpe. Sarà una semplice coincidenza, ma il governo illegittimo di Temer ha già calendarizzato, per il 12 settembre prossimo, la discussione finalizzata alla privatizzazione della riserva naturale di acqua del Guarani, una delle maggiori al mondo, ai gruppi Nestlé e Cocacola.  Ma si sa, i teorici del pensiero liberale hanno sempre affermato che la libertà dei cittadini è inversamente proporzionale all’estensione delle attività dello Stato; la cosiddetta sfera dell’individualità privata è “sacra e inviolabile”, specie perché dietro alla retorica sulle cosiddette libertà fondamentali c’è sempre posto per il proprio portafoglio.

Viste le premesse non c’era da dubitarne, così la discussione in Senato del 29 agosto, ha mostrato tutta l’evidenza di una operazione illegittima che si intende far passare come impeachment. Non solo quella modulazione di bilancio fu adottata dai presidenti precedenti, ma anche da governatori dei singoli Stati che ora, da senatori, contestano la stessa pratica negli atti della Rousseff. Il senso del pasticcio istituzionale trova però conferma anzitutto in un fatto che testimonia il cortocircuito procedurale in corso: la maggior reprimenda mossa (persino dall’avvocato dell’accusa) alla Presidentessa allontanata, sarebbe la sua responsabilità nella crisi economica del Paese (disoccupati, indebitamento statale, inflazione ecc., ecc.). Senza entrare nel dettaglio di una simile affermazione, chiaramente opinabile, si parte da una obiezione del tutto politica per emettere una sentenza di condanna giuridica, con una sovrapposizione dei due piani tale da far rabbrividire anche un profano di diritto costituzionale. Se in Italia dovessimo mettere in stato di accusa i presidenti del consiglio su questa base assisteremmo almeno a un procedimento di Impeachment all’anno.

Ma al di là di tutto, ieri, Dilma Rousseff si è difesa per 15 ore con decisione e dignità dalle accuse mossegli, affermando di aver avuto paura due sole volte nella sua vita: quando fu torturata e seviziata per giorni dai militari, durante la dittatura, e quando scoprì di avere il cancro. In questo momento, ha concluso, la sua unica paura è la morte della democrazia nel suo Paese. Come darle torto? Forse in Europa ancora non si comprende la gravità di quanto sta accadendo in Brasile e la necessità di una mobilitazione straordinaria di solidarietà internazionale. Purtroppo, temo, lo si capirà troppo tardi.

L’esito tragico e autoritario di questa vicenda, che sta buttando un enorme Paese sull’orlo della guerra civile, è parte di una strategia golpista seppure con le forme nuove di una realtà caratterizzata da un elevato sviluppo della società civile e dunque degli apparati privati di egemonia delle classi dominanti. Gramsci, nel Quaderno 13, lo chiarisce bene: per imprimere una svolta reazionaria negli equilibri passivi di un Paese moderno sul piano degli apparati egemonici, non è necessario un Golpe militare di tipo tradizionale. Piuttosto torna centrale la funzione preventiva e politica della polizia e degli apparati giuridici, unitamente al controllo monopolistico degli organi preposti alla formazione dell’opinione pubblica.

“Nel tempo fino a Napoleone III le forze militari regolari o di linea erano un elemento decisivo per l’avvento del cesarismo, che si verificava con colpi di Stato ben precisi, con azioni militari ecc. Nel mondo moderno, le forze sindacali e politiche, coi mezzi finanziari incalcolabili di cui possono disporre piccoli gruppi di cittadini, complicano il problema. I funzionari dei partiti e dei sindacati possono essere corrotti e terrorizzati senza bisogno di azione militare in grande stile, tipo Cesare o 18 brumaio (…) l’espansione del parlamentarismo, del regime associativo sindacale e di partito, del formarsi di vaste burocrazie statali e private (politico-private, di partiti sindacali) e la trasformazione avvenuta nell’organizzazione della polizia in senso largo, cioè non solo del servizio statale destinato alla repressione della delinquenza, ma dell’insieme delle forze organizzate dallo Stato e dai privati per tutelare il dominio politico ed economico delle classi dirigenti. In questo senso, interi partiti «politici» e altre organizzazioni economiche di altro genere devono essere considerati organismi di polizia politica, di carattere investigativo e preventivo”.  (Antonio Gramsci, Quaderno 13, paragrafo 26, “Egemonia politico-culturale”)