Ripartire dalla sinistra d’alternativa, rilanciare il binomio autonomia/unità per il PRC.
Di Gianni Fresu
Il primo dato della nostra analisi non può che partire dalla soddisfazione per l’ottimo risultato conseguito dal PRC e dall’insieme della sinistra d’alternativa, che ha considerevolmente accresciuto il suo peso – quantomeno elettorale – all’interno dell’Unione. Tutti correvano verso il centro alla ricerca dei voti e invece i nuovi voti sono venuti da sinistra, buon segnale.
È sicuramente ragione di soddisfazione l’aver creato le condizioni – seppur minime – per la nascita di un Governo diverso da quello che per cinque anni ha messo alla frusta i già precari equilibri democratici del nostro paese, tuttavia, le elezioni ci hanno consegnato un quadro politico ancora più complesso e precario di quanto avremmo potuto immaginare.
Il berlusconismo rappresenta una delle pagine più nere e reazionarie di modernizzazione capitalistica della Storia d’Italia, è una miscela che coniuga perfettamente le pulsioni insieme conservatrici ed eversive delle classi dirigenti italiane. Berlusconi non è, come spesso viene rappresentato in alcune nostre analisi, un semplice fenomeno di avanspettacolo, un leader da paese di Pulcinella, è un rappresentante moderno, dannatamente moderno, del populismo autoritario. È la camicia nera che indossa il doppio petto, consapevole che in una società a capitalismo avanzato il mantenimento del potere entro uno schema di equilibrio passivo, si gioca più sul versante dell’egemonia, sulla capacità di imbrigliare, irreggimentare le masse entro schemi culturali, politici, di civiltà imposti, piuttosto che attraverso la coercizione immediata, diretta e visibile. Il berlusconismo non è la televisione che sostituisce il manganello, semplicemente lo fa scomparire.